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venerdì 24 agosto 2007

Piccole tribù crescono

E’ ancora estate, lasciatemi cazzeggiare di nuovo! É ancora tempo di ferie o comunque, come nel mio caso, di scarsa pressione sul lavoro. E allora vi propongo il singolo che ha preceduto l’ultimo album degli Architecture in Helsinki, che si chiama Places like this, il brano in questione è Heart it race. Quando conoscevo gli AIH solo di nome pensavo ad un gruppo finlandese che faceva quel tipo di musica che sta bene nei musei di arte moderna, che “arreda” gli spazi, qualcosa di stiloso tra ambient ed elettronica. Ma gli AIH sono burloni e vengono da Melburne, Australia e la loro musica è quanto di più lontano da quello che suggerisce il loro nome. Sono infatti un collettivo di sei persone con calde attitudini funk, il cui elemento preponderante è la sorpresa. Il loro suond è ricco e condito con la strumentazione più disparata: non disdegnano un po’ di elettronica ma li scopriamo anche a percuotere cianfrusaglie varie, insieme a grancasse, ci sono poi coretti degni di Olivia Newton Jones in Grease, versi quasi animaleschi, incursioni di bande di paese e una bella sezione di fiati dove emerge ogni tanto un bel sassofono baritono. Per capire meglio il loro spirito un po’ caciarone si veda il video che riprende la Band in una performance parigina, il giorno prima del concerto ufficiale, organizzata chiamando a raccolta i fans e facendosi prestare da una casa privata l’energia elettrica per la strumentazione.
Heart it race è un canto tribale con cori e percussioni dal sapore caraibico, i primitivisvi e i tribalismi del mondo dei nostri giorni sono fusi ad una buona dose d’ironia. Nel video degli sciamani mascherati con materiali riciclati insieme a pupazzi/idoli di peluche eseguono un rito di estrazione dei cuori con il quale raggiungono il mondo delle tenebre i cui abitanti,non meno divertenti, hanno tratti fluorescenti.

venerdì 17 agosto 2007

Uno strano country


Ancora Canada. Per uno strano country ben ritmato e una voce difficile da dimenticare. Lei è Leslie Feist, eclettica trentenne cantautrice della scena musicale di avanguardia canadese, al suo secondo album solista (The Reminder) che ha già sfornato un paio di successi "da radio" certo sopra la media.
La Feist inizia con metal e punk rock. A diciotto anni e per cinque lunghi anni è voce del gruppo di supporto dei Ramones, ma le sue corde vocali rischiano grosso contro i decibel sparati delle chitarre elettriche. Si trasferisce a Toronto dove entra nel gruppo indipendente dei Broken Social Scene e "cambia musica".
Past In Present è un breve leggero e piacevole crescendo, con finale adrenalinico. E' un momento dove un talento cantautorale incontra radici country forse impossibili da nascondere per un artista nordamericano.
Collegamenti:
http://www.myspace.com/feist
http://it.wikipedia.org/wiki/Leslie_Feist

venerdì 10 agosto 2007

Musica per un film che non esiste

Una vecchia cantante soul americana e leggenda della Motown (Fontella Bass) (re)incontra un gruppo inglese strumentale elettronico e new jazz (The Cinematic Orchestra) nel loro ultimo concept-album cinematografico Ma Fleur.
L'orchestra di Jason Swinscoe torna con un nuovo lavoro dopo ben 4 anni e scopre in modo più esplicito una forma canzone per certi versi più fruibile con l'utilizzo della voce e sonorità meno jazzate.
Il film non è ancora stato scritto (nè forse mai lo sarà) ma la colonna sonora è pronta. Musica (film) sussurrata e tenue, nessun effetto speciale, forse in un bianco e nero morbido e da brividi.
In Breathe si parte con riff di chitarra acustica, lentamente, poi brevi crescendo che escono dallo stomaco. Il ritmo è quasi assente, la voce come se fosse lontana, un po' distorta, bellissima che canta "Carries me out to sea and swallows me into the deep".
Collegamenti:
http://www.myspace.com/thecinematicorchestras
versione live (http://www.youtube.com/watch?v=dvFiHvNsZLA)
http://www.cinematicorchestra.com/

domenica 5 agosto 2007

Spensieratezza estiva

Come succede sempre più spesso, il tam tam su Internet fa accrescere il successo, in certi ambiti s’intende, di alcune band emergenti. Se poi il gruppo in questione è composto da una trentina d’elementi allora è più facile: tra parenti e amici di ciascuno si arriva in un batter d’occhio ad un centinaio di persone che possono essere un nucleo importante per iniziare. Questo è successo anche per gli I’am from Barcelona che a dispetto del loro nome vengono da Jönköping, capitale dell’omonima contea posta sulle rive di un lago nel sud della Svezia. Tuttavia non è sufficiente un buon numero iniziale per farsi strada, è necessario che ci sia anche una buona idea e passione per creare e far crescere il numero di fan in tutta Europa. La loro musica è composta da semplici canzoni di breve durata, che fanno pensare a giorni felici come ad ognuno di noi è capitato di vivere e che tutti ci auspichiamo di vivere ancora, non a caso il leader del gruppo e cantante, Emanuel Lundgren, ha dichiarato di aver composto tutte le canzoni del loro primo cd, Let me introduce my friends, sotto l’effetto di una potentissima droga: l’innamoramento. Le prime canzoni di questo cd sono perfette happy pop song, farcite di battiti di mani, coretti (la la la e na na na), benjo e fiati. La più romantica e bella di tutte le canzoni del cd è Treehouse con quella batteria sgangherata e quel cambio di ritmo finale in cui i due innamorati in questione sembrano compiere il loro volo nunziale. Treehouse infatti celebra la costruzione di una casa tra gli alberi per vivere con la propria ragazza i momenti più intimi, nascosti agli occhi di tutti e magari per osservare dall’alto di quei rami i tutti di cui sopra col necessario aristocratico distacco dal mondo che è tipico dell’innamoramento. Mi viene in mente un’altra scanzonata estate contrassegnata dalla lettura vorace della storia d’amore tra Cosimo e Viola. Chissà se qualcuno di quella folta compagnia di amici che compongono gli I’m from Barcelona ha mai sentito parlare de “Il barone rampante”.