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sabato 29 settembre 2007

You're not the only one


Si ringraziano per il loro prezioso insegnamento i seguenti gruppi. Questo dovrebbero scrivere sulla copertina i Fields, gruppo di Birmimghan al loro primo album. Sono infatti in debito con qualche decina di rock e pop band recenti e passati, un po' di Radiohead, qualcosa di Muse, qualche accordo U2 solo per citarne
alcuni.
L'album Everything Last Winter non può essere definito un lavoro originale ma si lascia ascoltare (più volte). Song For The Fields è notevole e sufficientemente schizofrenica per trascinare l'ascoltatore più depresso.
Una specia di ballata veloce indie-rock che a un certo punto esplode. La chitarra acustica lascia il posto ad un rock spinto ben calibrato e per niente noioso, una voce femminile ripete 12 volte "You're not the only one" e via ancora giù con le chitarre.
C'è del talento.
Potete ascoltare il pezzo (e altri del disco) su myspace o vedere il video su youtube (seguite i
link in basso). Ah, dimenticavo. Non è musica da camera, si apprezza con volume bello alto.

Collegamenti:
http://www.myspace.com/fieldsband
http://www.youtube.com/watch?v=zPaXlueW0bs

sabato 22 settembre 2007

Prendo tempo

Invece di soffermarmi sulle numerose uscite di questi giorni, lascio che le cose maturino un po’ in modo da non dare dei giudizi affrettati, recupero una canzone di un paio di anni fa e che non posso fare a meno di consigliarvi. What else is there? dei norvegesi Röyksopp. Il brano è uscito prima come singolo poi nel non eccezionale The understanding. La canzone inizia immediatamente con un suo ritmo incalzante accerchiato da cascate di chitarre arpeggiate. La bellissima voce di Karin Dreijer, cantante degli svedesi The knife, si staglia per tutto il brano restituendo a pieno quell’atmosfera gelida e surreale che viene esplicitata nel video (la cantante del video è una modella che canta in playback). La melodia è bellissima, l’ho ascoltata mille volte senza mai stancarmi. Il finale è un dono ulteriore, un brano nel brano, la musica rallenta, resta solo ritmo circolare che si estingue.

“sono la tempesta, sono il miracolo
e gli incubi luminosi
e le esplosioni improvvise
non so cosa chiedere di più
mi è stato dato un solo desiderio

riguarda te e il sole
una corsa mattutina
la storia del mio creatore
quel che ho e per il quale soffro”

sabato 15 settembre 2007

No page with that title exists


Dissonante, tenebroso, dissacrante, di altri tempi (Sessanta o Settanta?), un pezzo da novanta, stralunato e allucinato, destabilizzante. Organi e trombe, fantasmi finalcuttiani e barrettiani, musica non allineata. Musicisti di grido pronti a lavorare gratis pur di suonare per lui. Genio, forse si. Lasciate che usi questo termine per una volta.
Olandese, cinquant'anni suonati, ha dormito per venti anni ed è stato ripescato da Tom Waits.
Dice che il punk l'ha inventato lui nel 1961. L'ultimo album di Danny Cohen (Shades of Dorian Gray) è un viaggio psicotico che arriva come una sassata direttamente dalla fine degli anni sessanta, una macchina del tempo con un pilota ubriaco e dalla voce gracchiante. Un album che se fosse uscito qualche decennio fa, oggi sarebbe materia di esame alla maturità.
Beneath The Shroud chiude l'album in modo terrificante, marcia funebre con la voce storpiata in studio.
No page with that title exists, dice Wikipedia quando lo cercate.

domenica 9 settembre 2007

Artigianato rock

Siamo dalle parti del nord ovest degli Stati Uniti, a Bosie capitale dell’Idaho uno degli stati più rurali, famoso per la coltivazione delle patate, e per l’alto tasso di analfabetismo. A Bosie Doug Martsch da una ventina di anni porta avanti il suo discorso musicale, iniziando prima con formazioni giovanili influenzate soprattutto dal Grunge nato in quegli anni nella vicina Seattle, città nella quale Martsch si trasferisce per un periodo, poi fondando i Built to spill nel 1992. Da allora la formazione ha visto diversi cambiamenti intorno al suo leader e ha affinato nel tempo sempre più la maniera di costruire le proprie canzoni fino a giungere a You in reverse, loro quinto album, uscito nel 2006. Il lavoro di affinamento durato tutti questi anni del modulo canzone e del personalissimo stile del gruppo fortemente caratterizzato dalla voce di Matsch e dalle chitarre elettriche che spesso emergono in sessioni in cui le melodie s’intrecciano e si rincorrono senza mai stancare o scadere nel virtuosismo ha dato luogo ad un album in cui gli episodi eccelsi sono numerosi. Tra questi Traces, il secondo brano del disco, è una bellissima canzone dal mood dolce-amaro, dal suono più lieve rispetto alle altre canzoni ma con le stesse caratteristiche riguardanti la voce e le chitarre che solo nel finale emergono in un brevissimo assolo. Bellissimo anche l’iniziale treble-graffiato di chitarra elettrica che poi spunta pianissimo una volta ancora prima dell’assolo finale.

domenica 2 settembre 2007

Cartoline


Ci sono degli album che più di altri vanno presi senza sezionare. Scritti davvero con il cuore e con i ricordi, un po' di sogni, quelle lacrime e quei sorrisi che ognuno di noi porta nel bagaglio, sempre. Suzanne Vega rinasce dopo anni di silenzio (e di problemi) con Beauty & Crime e racconta la sua New York quasi fosse una guida turistica. Tra pezzi color pastello, suoni secchi e arrangiamenti mai sopra le righe, tracce (solo tracce) di Lou Reed, dolorose vicende personali, spunta New York Is a Woman, una vera manhattaniana dichiarazione d'amore verso NYC, una signora "felice quando sei in città, ma che non si accorgerà di te quando te ne sarai andato". Una voce ancora fresca, i fiati e un pizzico di jazz accompagnano tre minuti scarsi che mai ascolteremo in radio o in televisione ma da prendere ad esempio per dichiarazioni d'amore verso le nostre città, se mai un giorno dovessimo scriverle.
Collegamenti:
http://www.suzannevega.com
http://www.youtube.com/watch?v=32wzah2nmHY