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sabato 31 marzo 2007

Singer Sing That Song

Grazie ad un impeto di originalità Dean Phillips e Britta Wareham (entrambi ex-Luna scioltisi un paio di anni fa), si fanno chiamare Dean & Britta. E adesso sono anche marito e moglie: si sono spostati durante la registrazione del loro ultimo album.
Back Numbers contiene alcune cover (a mio parere non entusiasmanti) e pezzi originali molto riusciti e per niente omologati. La entry song Singer Sing esprime al meglio il loro fare e dare musica. Musica sonnecchiante e sussurrata, sembra di stare alla finestra mentre fuori piove un mondo freddo (scusate ma non riesco a resistere alle citazioni). Sound moderno giocato su una base in parte elettronica e in parte acustica, con la voce ben bilanciata in primo piano e stagliata rispetto al resto, un utilizzo curioso della chitarra elettrica che dà un senso di unicità.
while you were sleeping, I caught you dreaming / singer sing that song / driver drive along.
more info: http://www.myspace.com/deanandbritta

mercoledì 28 marzo 2007

Edizione straordinaria di QCS: questa scoperta non ce la faccio a tenermela solo per me


E chi l’avrebbe mai detto, ventiquattro anni fa, che un giorno mi sarei esaltato per questa canzone. Non sono attratto dalle cover, le trovo quasi sempre una operazione volpina, spesso infarcita di nostalgia per coloro che non hanno orecchie curiose di ascoltare note nuove. Ma quella di Simone Cristicchi che canta L’Italiano di Toto Cutugno, l’album è “Dall’altra parte del cancello”, è una cover spiazzante per varie ragioni. Cristicchi ci mette sotto una base di tutto rispetto che mi ha fatto soffermare sul testo e questo, che scopro per la prima volta, si rivela per niente banale, perché riesce in due piccolissime strofe, con poche pennellate appunto, a rendere un quadro preciso di quello che siamo/eravamo. Cristicchi, oltre all'originale e piacevole rilettura musicale, aggiunge qualcosa all’inizio e alla fine che sovrappone significati forti al brano come lo conoscevamo. All’inizio un richiamo forse al “partigiano come Presidente” ma corrotto, distorto, dissolto, forse declamato da uno dei suoi amici picchiatelli. La sorpresa maggiore è nella rifrazione dell’ultima strofa che produce il vero scarto temporale con l’originale. Questa cover dunque racconta dell’Italiano di oggi e ci racconta come siamo cambiati rispetto quello che eravamo vent'anni fa. A me mi fa un po’ di tenerezza quell’Italiano di allora. Il mondo mi sembra molto più duro adesso. Non era iniziata ancora tangentopoli e nemmeno l’estenuante e inconclusa transizione tra le due Repubbliche, i partigiani erano eroi assoluti non corrotti da riletture della storia, gli squali cominciavano ad affilare i propri denti ma non avevamo visto crescere il caimanesco cancro dentro di noi e non c’era traccia delle cupezze belliche che viviamo adesso. Guerra tra nord e sud, tra noi e l’islam, tra quelli delle partite IVA e gli impiegati, tra i furbetti e gli sfigati, tra le donne e le suore, tra bianchi e neri.

venerdì 23 marzo 2007

Mi sorprendo a meravigliarmi

“Mi sono innamorato ancora” di questa canzone, questo mi succede quando scopro qualcosa che mi entusiasma e mi vibra fino alle viscere. Questo mi succede quando scopro un diamantino in mezzo ad altre perle. Sono felice come un fan ragazzino che canta a squarciagola le sue canzoni. Questo mi succede quando scopro che il folk si può mischiare al minimalismo di Nyman o di Reich, agli Stereolab e alla West Coast. Questo mi è successo ascoltando Chicago di Sufjan Stevens dall’album Come on feel the Illinoise. Le canzoni di Illinoise sono tutte belle, ed è difficile infilare 22 pezzi, tra canzoni ed esperimenti, uno dietro l’altro. Ma Sufjan è così, ci stupisce per la sua generosità, per la densità della sua musica, perché in ogni canzone ce n’è sempre più di una. Chicago è un superconcentrato e non a caso nel successivo album, “The avalanche”, la ripropone addirittura tre volte, in tre versioni diverse dai caratteristici lunghi nomi. Ma io sono affezionato a questo originale che si apre in maniera soft con vibrafono che introduce l’orchestra d’archi, la sua voce che canta un testo semplice a cui si sovrappone un delizioso coretto scanzonato, come fatto di amici o di gente ad un suo concerto. Più in là si sente un tamburello e l’immancabile tromba che caratterizza molte sue composizioni. Chiacago cresce e avvolge sempre più procedendo per sovrapposizioni esplodendo nel finale con un contrappunto voce-coro. Non siamo di fronte al solito loser-indie qui ci sono amori, amici, lacrime, gioia e vita. Provate a sentire come ho fatto io.

sabato 17 marzo 2007

Da consumarsi senza pensar troppo

Di belli e dannati costruiti a tavolino non ne possiamo più, di idoletti con chitarra luccicante ne abbiamo piene le scatole, di etichettature da musiconomia tipo emo-punk-pop o come si chiama ne facciamo a meno.
Ho ascoltato l'ultimo album dei
Fall Out Boy (Infinity on High) da Chicago, Illinois con tutti i pregiudizi del caso.
Ma sarà che ho bisogno di un po di movimento sarà che sto ascoltando troppa world music, ho trovato irresistibile
This Ain't A Scene, It's An Arms Race, cuffie ondeggianti e gambe in moto ritmico.
Si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un gruppo niente male, buona qualità musicale, buon cantante e buoni musicisti con riff di chitarra che entrano sempre al momento giusto. Certo, si cerca il ritornello, si scopiazza qualcosa degli anni 80 ma l'ascolto è coinvolgente. Dagli scantinati e dalle feste di liceo, sulla piazza underground dal 2000, i Fall Out Boy hanno raggiunto in pochi anni un successo planetario.

"Sono un venditore di armi e vi rifornisco di munizioni sotto forma di parole. Questa non è una scena, è una corsa agli armamenti", i testi scritti dal bassista Pete Wentz sono un po' sopra la media per una band teen-oriented.
Da consumarsi senza pensar troppo. Da non sottovalutare.

sabato 10 marzo 2007

La rivincita di chi sta da questa parte del bancone

Inizia con un disturbo, potrebbero essere i Mouse on Mars o gli Oval, il ritmo che emerge subito dopo, solitario da un antro, ci riporta più indietro, qualcosa mi ricorda addirittura la miscela arabo tedesca dei Dissidenten. Quando l’intro finisce si apre un suono pieno, l’atmosfera è cupa New Wave ma il suono è dei nostri giorni. Un suono fatto a strati di varie altezze, alcuni distorti, altri come una sorta di fruscio intermittente, che compongono l’armonia di questo tappeto corposo su cui campeggia il tema melodico semplice lineare e accattivante più in sintonia con la leggerezza del testo. Questa canzone riprende e mischia molta della musica che mi è piaciuta negli ultimi decenni. Ma la vera perla del brano è il testo: una divertente storia nostrana. Tono metallico standard degli Offlaga Disco Pax fa parte del loro album di esordio: Socialismo Tascabile (prove tecniche di trasmissione). In questo e negli altri pezzi sono raccontati frammenti del loro mondo scegliendo sapientemente le parole e le pause per un risultato ironico ed efficace.
Quel “tono metallico standard” l’ho sentito tante volte anche io nei negozi di dischi, le occhiatacce di quegli addetti trendy rivolte al “mio aspetto ordinario” mi hanno spesso messo a disagio. La canzone degli Offlaga racconta, con leggerezza, soprattutto dell’invidia, invidia per non essere così nel giro. Al momento però mi sembra che questi templi della musica siano andati svuotandosi , i loro sacerdoti fuggiti, o diventati veramente tristi e non per atteggiamento.......Grazie al Socialismo Tascabile................. gli Offlaga sono diventati un piccolo fenomeno di culto moooolto di più di quanto non lo siano mai stati i Jule’s Haircut, gruppo del “lurido klerk”. Per ora insomma sembra che gli Offlaga (e non solo loro) abbiano vinto questa partita, staremo a vedere.

more info: http://offlagadiscopax.splinder.com/




venerdì 2 marzo 2007

Mi hai strizzato troppe volte

I ragazzi della guerra fredda. Da Los Angeles o giù di lì. Visto solo l'aeroporto di Los Angeles. Roba già sentita ma dove? Tom Waits? Nick Cave? Dall'aereo non si vede la fine. Di Los Angeles. Troppe luci. C'è un pianoforte contro corrente (controtempo è una brutta parola) e un basso imperante. C'è una chitarra che ogni tanto si sveglia. Ecco, ho trovato: i Velvet. No. Non sono loro! Picchiano più duro di quel che sembra i Cold War Kids. Sono al loro primo album lungo (Robbers & Cowards) dopo vari EP. Hang me up dry è un po' stralunata, un po' blues, un po' jazz. Non conosco il pianista ma è ubriaco fradicio. Oppure è un piano a coda lunga che ha preso acqua, in alto mare, disse un avvocato.
Grande voce, ti prende, ti abbandona e poi ti abbraccia ancora. Abbraccio duro, fa un po' male. Taglia. Non sai se sta arrivando il ritornello o se il pezzo è finito. Ora appendimi ad asciugare, mi hai strizzato troppe troppe volte. Come amarsi o come non amarsi più, accanto alla lavatrice.
Sono più giovani di quel che sembra i Cold War Kids. Gran bel pezzo.