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sabato 15 settembre 2007

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Dissonante, tenebroso, dissacrante, di altri tempi (Sessanta o Settanta?), un pezzo da novanta, stralunato e allucinato, destabilizzante. Organi e trombe, fantasmi finalcuttiani e barrettiani, musica non allineata. Musicisti di grido pronti a lavorare gratis pur di suonare per lui. Genio, forse si. Lasciate che usi questo termine per una volta.
Olandese, cinquant'anni suonati, ha dormito per venti anni ed è stato ripescato da Tom Waits.
Dice che il punk l'ha inventato lui nel 1961. L'ultimo album di Danny Cohen (Shades of Dorian Gray) è un viaggio psicotico che arriva come una sassata direttamente dalla fine degli anni sessanta, una macchina del tempo con un pilota ubriaco e dalla voce gracchiante. Un album che se fosse uscito qualche decennio fa, oggi sarebbe materia di esame alla maturità.
Beneath The Shroud chiude l'album in modo terrificante, marcia funebre con la voce storpiata in studio.
No page with that title exists, dice Wikipedia quando lo cercate.

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