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sabato 23 febbraio 2008

Un – Pa Pa

Ci sono giorni più duri di altri, e alcuni particolarmente duri, per la fatica o la mancanza di fiducia. Quando decido di dare un taglio netto alla serata e di andare al letto un po’ prima. Tuttavia diverse pagine del libro sul comodino non sono sufficienti a fiaccare l’ansia e farmi cadere nel sonno. Finalmente riesco a trovare un momento di raccoglimento riparandomi dal freddo e rincattuncciandomi un po’ meglio sotto le coperte. Prendo gli auricolari del mio lettore mp3 e metto A sunday smile di Beirut dall’album The flying cup. Un avvolgente valzer mi abbraccia, mi fa compagnia e accoglie la mia anima. Sembra che Beirut sappia che ho un debole per i cori scalcinati. Che bella la musica di questo americano col nome di una città mediorientale, con una passione per la mittel-europa, per i titoli in francese e per quelle bande balcaniche che avevano acceso i nostri entusiasmi più di dieci anni fa. Tuttavia l’operazione non ha nulla a che vedere con le migliaia di cloni fricchettoni della colonna sonora di Underground che sono nati in Italia come funghi da 10 anni a questa parte. Su questo tipo di suoni Beirut adagia un modo di cantare molto particolare, classico, quasi da divo del passato, infine un organetto accompagna il tutto con ritmi sincopati e ci riporta da un altra parte del mondo cioè ai caraibi. A sunday smile la promuovo a pieni voti anche perché dopo un po’ mi sono scoperto a canticchiarla, stravolgendola, con un sommesso coro muto nel bagno, o quando mettevo a posto i piatti, o a squarciagola in macchina mentre attendevo al semaforo. Quindi non è vero, come dice qualcuno, che a causa della superofferta di musica, non si ha più il tempo per imparare le canzoni, non le si canticchia più, non si leggono e imparano i testi. In fondo il senso di QCS è proprio questo: contro la velocità di esaudire e prevenire i desideri che conduce alla mancanza di desiderio, preferiamo fermarci su un particolare e guardarlo con la lente d’ingrandimento per godere ancora delle molte cose belle che ci circondano.

http://www.youtube.com/watch?v=MAir96N3iOs&feature=related

Io sono affezionato alla versione in studio, ma questa dal vivo è particolare e il sapore caraibico è fornito da un ukulele che chiude e apre il pezzo invece che dall’organetto di cui sopra .

Testo della canzone: http://www.lyricstime.com/beirut-a-sunday-smile-lyrics.html

2 commenti:

Unknown ha detto...

al primo ascolto mi è venuta in mente la canzone di Conte, "max". ho dovuto riascoltare sia quest'ultima che i Beirut e quello che avevo sentito all'inizio persisteva. la struttura musicale è simile, si comincia con pochi strumenti e poi si amplia con tutto ciò che i musicisti hanno a disposizione. la differenza è che in max la musica si allontana, qui invece innesca un processo di reversibilità.

Joe ha detto...

Carissima Silvia mi sono allora andato a riascoltare Max! Chissà cosa è che la lega a A sunday smile. Miliardi fili legano quello che abbiamo SENTITO in passato e quello che ascoltiamo di nuovo, qualcosa, o una moltitudine di cose, che abbiamo sentito in passato fa adagiare comodamente dentro di noi i nuovi suoni. E' la magia della musica e delle persone a cui piacciono le stesse canzoni :)