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venerdì 23 marzo 2007

Mi sorprendo a meravigliarmi

“Mi sono innamorato ancora” di questa canzone, questo mi succede quando scopro qualcosa che mi entusiasma e mi vibra fino alle viscere. Questo mi succede quando scopro un diamantino in mezzo ad altre perle. Sono felice come un fan ragazzino che canta a squarciagola le sue canzoni. Questo mi succede quando scopro che il folk si può mischiare al minimalismo di Nyman o di Reich, agli Stereolab e alla West Coast. Questo mi è successo ascoltando Chicago di Sufjan Stevens dall’album Come on feel the Illinoise. Le canzoni di Illinoise sono tutte belle, ed è difficile infilare 22 pezzi, tra canzoni ed esperimenti, uno dietro l’altro. Ma Sufjan è così, ci stupisce per la sua generosità, per la densità della sua musica, perché in ogni canzone ce n’è sempre più di una. Chicago è un superconcentrato e non a caso nel successivo album, “The avalanche”, la ripropone addirittura tre volte, in tre versioni diverse dai caratteristici lunghi nomi. Ma io sono affezionato a questo originale che si apre in maniera soft con vibrafono che introduce l’orchestra d’archi, la sua voce che canta un testo semplice a cui si sovrappone un delizioso coretto scanzonato, come fatto di amici o di gente ad un suo concerto. Più in là si sente un tamburello e l’immancabile tromba che caratterizza molte sue composizioni. Chiacago cresce e avvolge sempre più procedendo per sovrapposizioni esplodendo nel finale con un contrappunto voce-coro. Non siamo di fronte al solito loser-indie qui ci sono amori, amici, lacrime, gioia e vita. Provate a sentire come ho fatto io.

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